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Gli aforismi nella storia

Cicerone declama aforisma
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Tra le forme retoriche scritte, come ci ricorda anche Aristotele nella sua Poetica, quella dell'aforisma occupa un posto di assoluto prestigio. Gli Aforismi, per diverse ragioni, hanno rappresentato - e rappresentano tuttora - nella storia la possibilità di comunicare in maniera efficace, altissima e raffinata pensieri estremamente complessi. Le ragioni sono essenzialmente due: nell'aforisma c'è una perfetta sintesi tra il ''come'' e il ''che cosa''; dunque espressione perfetta tra forma e contenuto. Per questa ragione, in virtù della sintesi che abbiamo accennato, l'aforisma è stato utilizzato da i più grandi scrittori e pensatori di ogni epoca.

Proviamo a dare una definizione rapida di aforisma. Possiamo dire che l'aforisma è una proposizione che tende a riassumere, senza tralasciare gli aspetti essenziali, un contenuto di un pensiero più articolato. Nell'aforisma può esserci una metafora, una similitudine (rintracciabile tramite la particella ''come'', che indica il termine di paragone), oppure una semplice frase, ma che, in generale, indica un precetto, una regola, una qualche verità.

Sono queste le ragioni per cui l'aforisma ha riscontrato grande successo ed è addirittura stato utilizzato come forma per stesura di libri interi, anche da parte di giganti del pensiero, come Ippocrate (Aforismi), Nietzsche (La Gaia scienza) e Ludwig Wittgenstein (Tractatus Logico-philosophicus).

Gli aforismi nella storia, soprattutto nella tradizione occidentale, hanno avuto una caratteristica comune, ovvero quella di rappresentare una massima ritenuta forte, con rigore per quanto concerne la qualità e ovviamente, la brevità.

Possiamo vedere alcuni illustri esempi, e rilevare l'efficacia, la bellezza dell'aforisma in svariati autori, in ogni epoca.

Prendiamo un celebre aforisma dello scrittore tedesco Goethe, che dice: "Il peggiore invidioso al mondo è quello che considera ognuno al proprio livello". Qui, Goethe, parlando dell'invidioso, ne sottolinea un elemento in riferimento a un ''diritto intellettuale di discriminazione'', sottolineando un fastidio per un accomunare grandi menti con le mediocri.

Un altro grande personaggio, un autore latino, Orazio, scrive in un aforisma: "La virtù sprezza e a volo abbandona la compagnia della plebe e le paludi della terra". Nell'aforisma di Orazio rintracciamo i caratteri descritti sopra - qualità e brevità -, quasi a essere un modello di riferimento della composizione. Infatti, l'aforisma parla di un atteggiamento del virtuoso, che ricerca il Logos elevandosi dalla contingenza terrena (della plebe), dell'erramento delle "paludi della terra", mostrando una condotta degna di un pensatore e di un virtuoso.

Crediti
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